Dopo decenni di direzione, ora il Festival di Sanremo deve dire addio al timone del programma che è divenuto istituzione.
Correva l’anno 1951, quando tutto cominciò. In un salone semivuoto del Casinò di Sanremo, con orchestre in smoking e applausi timidi, nasceva il Festival della Canzone Italiana. Lo trasmettevano solo alla radio, in bianco e nero sonoro, ma bastò poco per capire che da lì in poi niente sarebbe stato più come prima.
Poi arrivò la tv. Era il 1955. E da allora, per settant’anni esatti, il Festival è stato una creatura della Rai. Un suo figlio prediletto, coccolato, criticato, a volte imbarazzante, ma pur sempre suo. E adesso? Adesso le cose cambiano. Il 2026 segna un anno di novità, ma di quelle vere.
Stavolta non si parla di una nuova scenografia, non l’ennesimo giovane in gara, ma una rivoluzione contrattuale: la Rai non è più la padrona di casa. Al massimo, potrà affittare una stanza. Se si comporta bene. E se paga.
Il Festival di Sanremo cambia regole, non (ancora) volti. La Rai resterà al timone anche nel 2026, ma non più per diritto acquisito. Stavolta ha dovuto partecipare a una gara pubblica – e, se continuerà a trasmettere il Festival, sarà solo perché è stata l’unica a presentare un’offerta.
Tutto è partito dalla sentenza n. 5602 del Consiglio di Stato, che ha messo la parola fine all’affidamento diretto da parte del Comune di Sanremo. Il marchio del Festival, infatti, è di proprietà comunale e la sua gestione non può essere assegnata a chiamata, nemmeno se a chiederla è la tv pubblica. Da qui, l’obbligo di una gara trasparente, come previsto dal Codice dei contratti pubblici.
Il Comune ha quindi pubblicato un bando nel 2025 per affidare l’organizzazione del Festival dal 2026 al 2028. Nessun colpo di scena: si è presentata solo la Rai. Ma la differenza è sostanziale. Ora il Festival non è più ‘cosa sua’ per consuetudine, ma una concessione temporanea, vincolata a un contratto, con obblighi, controlli e condizioni fissate nero su bianco.
In pratica, la Rai trasmetterà ancora Sanremo, ma non comanda più: non può ritoccare liberamente format, sfruttamento commerciale, eventi collaterali. Tutto dovrà passare attraverso le regole del bando. E dal 2029 in poi (fine del triennio del bando), chiunque potrà farsi avanti. Dunque sì, il Festival è diventato ufficialmente un bene contendibile, anche se è da vedere se qualcuno se la sentirà mai di sfidare la tv di Stato per accaparrarsi il suo gioiello più prezioso.
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