Un’economia decarbonizzata basata su fonti di energia rinnovabili. È questo l’obiettivo che tutti i paesi a livello globale dovrebbero riuscire a raggiungere, per garantire alle generazioni un futuro in salute, nel rispetto dell’ecosistema circostante. Perché la decarbonizzazione è fondamentale per il nostro futuro?

In tal senso diventa strategica la parola “sostenibilità”, intesa come necessità di sfruttare fonti rinnovabili per produrre energia verde non inquinante.  Solo in questo modo l’esistenza di una nazione ad emissioni zero di CO2 nell’atmosfera non resterà semplicemente una chimera.

Vediamo perché, allora, la decarbonizzazione è fondamentale.

 

 

Decarbonizzazione significato e progetti futuri

È ormai un dato di fatto: i responsabili della maggior parte di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera, causa numero uno del surriscaldamento globale, sono le fonti fossili non rinnovabili, ossia il petrolio, il carbone ed il gas naturale.

Abbandonare tali fonti di energia in favore di quelle pulite e rinnovabili, come l’eolica o la solare, rappresenta dunque la strada per effettuare quella transizione energetica tanto auspicata, ma che sembra faticare a decollare.

La decarbonizzazione diventa dunque uno strumento indispensabile per ridurre le emissioni inquinanti provocate dalle attività industriali e dalla produzione energetica, favorendo lo sfruttamento di fonti energetiche green.

A livello scientifico, con decarbonizzazione si intende il cambiamento del rapporto carbonio-idrogeno tra le fonti di energia. Essa è quindi un processo che implica l’utilizzo come fonti energetiche di elementi contenenti sempre meno atomi di carbonio, così da lasciare spazio unicamente a energia pulita e rinnovabile.

Alla luce di questo, l‘Unione Europea si è posta come obiettivo la riduzione delle emissioni del 40% entro il 2030 rispetto al 1990 così da raggiungere entro il 2050 le zero emissioni nette.

Ma è davvero possibile l’esistenza di un paese ad emissioni zero? E quali miglioramenti comporterebbe per tutto il pianeta?

  • I vantaggi della decarbonizzazione

Secondo un report di Greenpace una nazione a emissioni zero in atmosfera sarebbe una nazione non soltanto meno inquinata ma anche più economica e risollevata a livello occupazionale.

Ingenti investimenti nel campo delle energie rinnovabili e della produzione di energia verde significherebbero anche la creazione di  oltre 150mila posti di lavoro in più, favorendo dunque l’occupazione diretta sopra il 50%.

 

 

Sviluppo a carbonio zero: in cosa consiste?

Si chiama Italia 1.5 lo scenario di rivoluzione energetica lanciato da Greenpeace, all’insegna della transizione energetica e verso una totale decarbonizzazione del nostro paese. Un piano che potrebbe consentire all’Italia di diventare un paese interamente fondato su un’economia verde, a emissioni zero, con conseguenti vantaggi economici ed occupazionali.

Entro il 2030, infatti, secondo lo studio  si potrebbero creare ben 163 mila posti di lavoro. Non solo, dal punto di vista economico la transizione potrebbe interamente finanziarsi con i risparmi derivanti dalla mancata importazione di combustibili fossili al 2030.

«In questo nostro studio– dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia-  ci sono numeri chiari, che dimostrano innanzitutto che il Pniec (ndr Piano Energia e Clima) del governo non è nell’interesse dei cittadini italiani ma risponde piuttosto alle richieste delle lobby di gas e petrolio. Occorre subito una rivisitazione degli obiettivi su clima e rinnovabili, una rivoluzione che coniugherebbe la tutela del clima e del Pianeta, con vantaggi economici e per la competitività e la modernità del Paese. L’emergenza climatica in corso sta interessando pesantemente anche il nostro Paese, con danni a persone, ambiente ed economia, e non è più possibile rinviare la rapida transizione verso un Paese 100 per cento rinnovabile”.

 

 

  • Inquinamento ambientale in Italia: la situazione del Nord Italia

Se la pandemia di Covid-19 ha influito negativamente sull’economia mondiale, mettendo in crisi aziende e famiglie, ha avuto però un impatto positivo nella riduzione dell’inquinamento atmosferico nell’Italia settentrionale.

A confermarlo sono le immagini satellitari dell’Agenzia spaziale europea che hanno mostrato un calo particolarmente marcato delle emissioni di biossido di azoto, un gas nocivo emesso da centrali elettriche, automobili e fabbriche, particolarmente presente nell’area della Pianura Padana.

Una riduzione dell’inquinamento atmosferico, dunque, imputabile molto probabilmente al lockdown imposto nel nostro paese, che ha causato meno traffico e la riduzione delle attività industriali.

 

 

  • Il caso Sardegna: un nuovo scenario energetico

Eliminare il carbone entro il 2025 in Sardegna senza investire nel gas è uno scenario fattibile. Ad evidenziarlo è un lavoro richiesto dal WWF al gruppo RELAB del  Politecnico di Milano, dal titolo “Analisi preliminare sul possibile percorso di decarbonizzazione della Sardegna”.

Secondo lo studio “Il sistema energetico sardo, grazie agli elevati potenziali di rinnovabili e alla struttura della domanda nei settori finali, offre la possibilità di costruire scenari di decarbonizzazione basati sulla penetrazione di fonti rinnovabili, pur non programmabili, affiancate da un potenziamento degli accumuli idroelettrici e dallo sviluppo dell’idrogeno verde da elettrolisi, per supportare nel lungo termine il bilanciamento nel settore elettrico e rifornire i consumi industriali e trasporto non elettrificabili” .

Lo scenario 2025-2030, affinchè si possa effettivamente abbandonare il carbone in terra sarda, prevede la realizzazione di  circa 5.000 MW di impianti rinnovabili tra eolico e fotovoltaico, e circa 400 MW di nuovo pompaggio, in alternativa allo sviluppo di una prima possibile infrastruttura a idrogeno verde.

Spingendosi ancora oltre, ossia al al 2050, nello scenario simulato proposto dal WWF la domanda finale di energia sarà soddisfatta integralmente da fonti rinnovabili nel settore elettrico, ossia  20 GW complessivi di eolico e fotovoltaico, equivalenti a un’installazione di circa 600 MW di impianti ogni anno fino al 2050.

Il settore civile vedrebbe, invece, una significativa penetrazione delle pompe di calore elettriche e moderne caldaie a biomasse.

Si tratta dunque, in una fase di emergenza climatica che non ammette tentennamenti, di rivedere, coerentemente con gli ambiziosi obiettivi europei,  le politiche industriali, della mobilità, dell’edilizia e dell’agricoltura, sfruttando quelle risorse naturale di cui il nostro paese è ricchissimo, per arrivare a emissioni neutrali già al 2040.

 

 

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