E per ora l’Italia dice no alla richiesta europea di abolire il passaggio stagionale da ora solare a ora legale e viceversa. Una scelta che potrebbe vedere l’adesione anche degli altri stati membri appartenenti all’area mediterranea.

A seguito di un referendum l’Europarlamento nel 2018 si era espresso a favore dell’abolizione del passaggio dell’ora legale e solare in base ai cambiamenti stagionali.

Un referendum che, a dire il vero, aveva visto principalmente una partecipazione degli stati del nord Europa, sicuramente meno facilitati dallo spostamento delle lancette a causa della latitudine geografica.

 

 

 

Abolizione dell’ora legale: i 3 motivi che hanno spinto l’Italia al no

Il Parlamento Europeo lascia pertanto libertà ai singoli stati di decidere, entro aprile 2021, se  mantenere l’ora legale o solare tutto l’anno, senza più variazioni. L’Italia però ha deciso di non aderire e continuare con la tradizione, depositando una richiesta formale a Bruxelles lo scorso giugno.

Il 31 marzo 2020 torneremo quindi all’ora legale, spostando le lancette dell’orologio avanti di un’ora. Il 27 ottobre 2020 poi, ritorneremo all’orario solare, come è in uso da decenni. Il Belpaese perciò procederà in maniera diversa dal resto degli stati europei.

Ma quali sono i motivi?

  • Mancanza di una valutazione su vantaggi e svantaggi

Il Governo ha evidenziato in commissione europea la «mancanza di una valutazione d’impatto dalla quale si possa evincere, in modo esaustivo, il quadro dei vantaggi e degli svantaggi».

In sostanza, le prove scientifiche addotte durante il referendum, non sono così schiaccianti da comprovare un effettivo danno per l’equilibrio psico fisico dei cittadini europei nel caso di cambio dell’ora.

  • Perplessità economiche

Il secondo punto su cui l’Italia si è impuntata nel suo rifiuto, è la questione risparmio. Il nostro paese, come molti altri della zona mediterranea, guadagna un’ora di luce effettiva durante il periodo estivo.

Accendere le luci più tardi, secondo uno studio di Terna, il gestore della rete di trasmissione italiana in alta tensione, permette un risparmio annuale quantificabile in circa 100 milioni di euro.

 

 

 

  • Possibile caos derivante dall’abolizione dell’ora legale in Europa

Resta poi una terza incognita da considerare: la possibilità che le «singole scelte degli Stati membri possano creare un mosaico di fusi orari, con il rischio di non garantire il corretto funzionamento del mercato interno».

La risultanza di una differenza tra i fusi orari, in base alle decisioni dei vari stati, potrebbe portare ad un caos organizzativo all’interno della Comunità Europea: maggiori costi per gli scambi transfrontalieri, difficoltà a livello trasporti e viaggi e un probabile abbassamento a livello produttivo.

La scelta dell’Europarlamento sarebbe quindi foriera di un mancato rispetto dei «principi di proporzionalità e sussidiarietà» alla base stessa dell’Unione?

 

 

 

Cosa ci aspetta nei prossimi mesi

A questo punto la palla torna al Parlamento e Commissione Europei. Sebbene le priorità di Ursula von der Leyen e del suo gruppo siano ben altre, la questione non è stata totalmente accantonata e i prossimi mesi vedranno sicuramente lo scontro tra le diverse posizioni all’interno dell’Unione.

Sebbene i paesi dell’asse Nord Europa si siano già espressi fermamente contro questa convenzione, per loro totalmente inutile, visto la collocazione geografica che li porta ad avere comunque estati con molte ore di luce, per la parte mediterranea della Comunità Europea le cose sono ben diverse.

Paesi come l’Italia, in cui la differenza tra ora legale e solare consente invece grandi benefici, si stanno dimostrando poco inclini ad accettare l’imposizione, minimizzando la questione stress psico fisico come qualcosa da “sopportare” come scotto per i vantaggi ottenuti.

 

 

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